giovedì, luglio 11

La storia di Gino (ma Pieraccioni farebbe meglio)

Caro Lettore,

Lo zio Gino, era lo zio di mia madre, fratello minore di mia nonna materna. A Firenze lo potremmo definire “un personaggio”, cioè una persona estroversa, dai modi di fare singolari e una condotta di vita fuori dal comune. Sicuramente avrebbe potuto ispirare qualche nostro regista toscano, e fare il protagonista di una commedia. Mi immagino già la scena in cui lui compare sulla sua moto, con la voce fuori campo di Pieraccioni, che comincia a raccontare la sua storia.
Lo zio Gino era nato nel 1911, ed era il parente preferito di mia madre. Nei miei ricordi c’è una foto, in cui io all’età di quattro o cinque anni sono seduta su una moto con le mani sul manubrio, come se la stessi guidando, e mi trovo in un paese del Casentino dove lo zio Gino aveva una casa in campagna. Anche la moto era sua, in effetti lo zio era appassionato di motori e anche da anziano, finché ha potuto, si è sempre spostato in motorino. A vederlo era buffo, non tanto alto, in carne, orologio d’oro al polso, anello d’oro tipo pataccone alla mano destra e vari braccialetti sempre di valore ad entrambe le braccia. Da dove venissero tutte queste risorse non si è mai capito bene, oltre al fatto di come potesse permettersi di viaggiare in giro per il mondo, visto che non aveva un mestiere dichiarato, se non quello di mantenuto dalla moglie, la zia Elda, che faceva la parrucchiera in casa, ma che probabilmente ricavava dal suo mestiere ben più di quello che ci si aspettasse.

Questo era l’argomento principale del pettegolezzo che circolava in casa nostra, specie nella famiglia di mio padre, che si interrogava spesso su questo personaggio. Il sospetto, suffragato anche dall’assenza di prole dopo anni di matrimonio, era che lo zio Gino fosse, diciamo così, interessato più agli uomini che alle donne, e che il matrimonio fosse d’interesse, soprattutto quello dello zio Gino a farsi mantenere e a fare “la bella vita”.
In effetti, da quel che mi ricordo, lo zio, negli anni della mia infanzia, si recava spesso all’estero, specie in Sudamerica, lasciando a casa la moglie, ma portandosi dietro la fedelissima Chetti, un barboncino bianco amato e viziato peggio di un figlio. Dopo Chetti, che ci lasciò alla fine degli anni ottanta, vennero Papi, il figlio di Chetti e Chetti due, mentre negli ultimi anni c’era Gilù, tutti rigorosamente barboncini bianchi, a cui lo zio ha sempre dato un amore incommensurabile, preferendoli sicuramente alla zia Elda. Di quest’ultima mi ricordo poco, soprattutto perché prima che morisse nel 1986, non credo di averla frequentata molto. In mente ho comunque una donna magra e alta con dei capelli castani, sempre in piega, dato evidentemente il suo mestiere.
Stranamente mi ricordo della sua morte, che fu improvvisa e inaspettata, e avvenne circa una settimana dopo la morte di mia nonna materna, con cui non erano mai intercorsi buoni rapporti. Il commento di mia madre all’epoca fu che la nonna si sarebbe fatta delle grosse risate ovunque fosse, vendendo arrivare l’odiata cognata una settimana dopo di lei.
Ma tornando allo zio Gino, il suo vizio di viaggiare risaliva agli anni della sua gioventù, quando aveva viaggiato molto, e soprattutto lontano. Celebre il suo viaggio in Sudamerica negli anni cinquanta, quando era partito con la nave Paolo Toscanelli promettendo a mio zio, il fratello maggiore di mia madre, che gli avrebbe portato in regalo un cavallo. Mio zio ci credette e costrinse mia nonna a svuotare il ripostiglio per fare la stalla all’animale. Chiaramente non arrivò nessun cavallo, ma lo zio Gino si seppe far perdonare portando una scimmietta, che fu chiamata Toscanelli, in omaggio alla nave su cui aveva viaggiato.
La scimmietta fu accolta positivamente in casa, e diventò presto la mascotte di famiglia. Mia madre racconta che era piccolina tant’è che s’infilava nei posti più impensabili. Purtroppo la piccola Toscanelli, proprio a causa delle sue dimensioni e del suo vizio di nascondersi ovunque, fece una brutta fine, rimase con la testa schiacciata nello stipite di una porta, causando così un’immensa tristezza in tutta la famiglia, specie di mio nonno che era stato l’artefice involontario della morte del caro animaletto.
Dopo la morte della zia Elda, lo zio Gino, avendo preso possesso del gruzzoletto lasciatogli dalla moglie, si dedicò ancora di più alla sua passione e cominciò a trascorrere lunghi periodi all’estero, in particolare alle isole Canarie, dove a suo dire, si stava bene anche d’inverno. Durante uno di questi soggiorni conobbe una signora tedesca, più giovane di lui e molto simpatica, con la quale cominciò una relazione, per cui lei veniva spesso e per lunghi periodi a Firenze. Venivano insieme anche a casa nostra la domenica a pranzo. Le malelingue in casa di mio padre commentarono che la signora aveva fiutato l’affare, trovando il modo di trascorrere mesi interi in una splendida città, senza particolari spese, e soprattutto senza obbligo di sottoporsi a "doveri coniugali”, a causa della suddetta predilezione dello zio Gino.
Ad ogni modo questa storia andò avanti per diversi anni, in cui nonostante non parlassero la stessa lingua riuscivano a comprendersi alla perfezione, più che altro a gesti, finché lei non si stufò di questa situazione e si decise a imparare l’Italiano, approfittando di me per potersi spiegare meglio in tedesco. Verso la fine degli anni novanta queste visite cominciarono a diradarsi, finche la signora non venne più. Di lei si seppe in seguito che era morta in Germania.
Ma lo zio non sembrò molto triste per questo fatto, anche perché nel frattempo nella sua vita era entrato Lucas, un medico brasiliano che viveva in Italia, dove, non potendo esercitare la sua professione, si dedicava a qualsiasi attività in cui potesse far comodo la sua prestanza fisica. Era infatti un gigante buono, che per motivi a me sconosciuti aveva incrociato la sua strada con quella dello zio Gino. 
Le solite malelingue raggiunsero il culmine del loro ragionamento, in quanto questa particolare amicizia era la conferma di tutti i sospetti insinuati nei decenni precedenti. Non so dire se fosse vero, ma apparentemente Lucas non fu certo un “amante” bensì essenzialmente un compagno di viaggi, di cui uno in Brasile nella sua città d’origine, che portava lo zio Gino sulla sua Harley Davidson, il gigante davanti e il nano dietro. 
Mi ricordo che erano sempre in giro e spesso si presentavano senza invito a casa nostra la domenica pomeriggio. I miei, che aspettavano quel momento particolare della settimana per concedersi una bella dormita sul divano, senza il ben che minimo interesse a ricevere visite, quando li sentivano arrivare in moto, si nascondevano dietro il divano per dare l’impressione che non ci fosse nessuno in casa, anche a chi avesse guardato dalla finestra del salotto. E stavano nascosti anche mezzora perché Lucas continuava a suonare il campanello di casa, probabilmente con cognizione di causa, in quanto probabilmente dalla finestra di salotto si vedevano le ombre dei miei dietro il divano. Ad ogni modo questa manfrina è andata avanti per anni, senza che nessuno chiedesse spiegazioni.
In seguito quando lo zio Gino cominciò a risentire degli acciacchi dell’età, Lucas diventò una specie di assistente, lo aiutava nelle commissioni, gli faceva da autista, puliva casa etc, fino a trasferirsi da lui definitivamente.

Caro Lettore,

Il fatto che lo zio Gino a causa della demenza senile non riconoscesse gli affetti più cari nell'ultimo periodo della sua vita, e dovesse essere ricoverato in clinica per impedirgli di combinare qualche guaio in casa, non cancella il ricordo della sua simpatia ed espansività.
Oltre al ricordo, resta anche l’eredità ricevuta dopo la sua morte. Ed è strano che del suo patrimonio che lui aveva gelosamente custodito, preservandolo anche da struggevoli richieste di soldi da parte di nipoti bisognosi (i suoi e quelli della zia Elda) con la promessa, che suonava più come una minaccia, “quando muoio vi lascio tutto, se ve li do ora non prendete niente dopo”, sia rimasto ben poco da spartire.

Mi immagino che se li sia portati con sé ovunque sia, perché non si sa mai, potrebbero essere utili per fare qualche viaggio…

A presto 
Nel+cistail-

Nessun commento:

Posta un commento